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domenica 24 ottobre 2010

Sull'assegnazione del Premio Sakharov a Guillermo Farinas

In questi giorni abbiamo assistito alla solita campagna mediatica contro Cuba, la solita messinscena della stampa reazionaria e borghese che, attaccando l’Isla, attacca il socialismo.
Il Parlamento Europeo ha assegnato il Premio Sakharov per la libertà di coscienza al “dissidente” cubano Guillermo Farinas. Subito i giornali italiani si sono lanciati nella loro propaganda piccolo borghese su Cuba, la presunta dittatura, la presunta repressione ecc..
In pochi hanno pubblicato le parole di una eurodeputata francese dei cosiddetti “radicali” che ha attaccato la decisione del Parlamento Europeo sottolineando come in vent’anni è già la terza volta che il Premio Sakharov viene assegnato a un “dissidente” cubano. Inoltre l’eurodeputata ha posto l’accento sulla connotazione politica di tale decisione. Peccato però che proprio il suo gruppo ha ritirato la candidatura dell’associazione non governativa israeliana “Break the silence” spianando così, se mai ce ne fosse stato bisogno, la strada a Farinas.
Come scritto poco fa subito dopo l’assegnazione del premio è iniziata (di nuovo) la campagna contro Cuba. Stranamente non si sono ancora visti pezzi scritti dalla blogger Yoani Sanchez (che vengono presi dai giornali italiani, soprattutto “La Stampa” che pubblica ogni “articolo” della pseudo-dissidente, come il Verbo di Dio, la Verità assoluta), ma probabilmente molto presto la lacuna verrà colmata. Il già citato quotidiano torinese, invece, è subito partito con un articolo d’assalto in cui loda Farinas e affossa il “regime” cubano. L’articolo suscita, nel lettore consapevole e informato, un effetto comico notevole. L’effetto comico raggiunge il suo apice, se vogliamo, quando dice che il Governo cubano da tempo getta menzogna e fango su Farinas e sulla vera situazione di Cuba, insomma, mistifica la realtà. Il Parlamento Europeo ha ristabilito una volta di più la verità storica sulla Isla (!).
Vogliamo poi tralasciare la motivazione dell’assegnazione del premio? Ovviamente perché Farinas è il solito, povero dissidente che lotta contro il regime dittatoriale, sanguinario, repressivo che regge Cuba dal 1959. Col suo gesto estremo, lo sciopero della fame e della sete, ha poi sottolineato la disastrosa situazione della stampa cubana, repressa dai cattivoni comunisti e ha sicuramente aiutato nella liberazione dei cinquanta “prigionieri di coscienza” usciti di prigione pochi mesi fa.
Se è così che il Parlamento Europeo ristabilisce la verità storica allora possiamo stare freschi. Questa è la vera mistificazione della realtà! Andiamo con ordine e tentiamo noi stessi di ristabilire la verità in questo disordinato insieme di luoghi comuni e di roboanti frasi da regime borghese.
Proprio Farinas (e la cosa valga anche per la blogger Sanchez) è la prova vivente delle falsità che dice. Ma come, un regime dittatoriale e repressivo permette a questo e ad altri “dissidenti” di parlare, rilasciare interviste all’estero o semplicemente di “far notizia”, permette a Farinas, che secondo regola sarebbe un personaggio scomodo, di sopravvivere, di usufruire delle cure gratuite (perché nei momenti più critici del suo sciopero il “dissidente” è stato ricoverato e curato negli ospedali cubani), non lo incarcerano o, cosa più facile per una “dittatura”, non lo fanno sparire?
Fa sorridere poi come la stampa cubana venga sempre descritta come “repressa” e “omogenea”, insomma, le voci dissidenti vengono incarcerate, non vi è speranza per chi la pensa diversamente dai Castro. Per sostenere questa tesi vengono sempre portati come esempio Farinas, la Sanchez e i cinquanta “dissidenti” appena liberati. E tanto per essere chiari: la notizia della liberazione di questi cinquanta “prigionieri di coscienza” è stata data il giorno stesso sulla prima pagina del “Granma”, l’organo di stampa ufficiale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cubano (“La Stampa” e gli altri quotidiani italiani erano giunti a negare anche questo). Sempre su questi pseudo-dissidenti “Cubavision” (una tra le televisioni più importanti dell’Isola) ha trasmesso un programma dove mostrava anche le interviste rilasciate da questi signori in Spagna. Oseremmo dire che questo basta per zittire le malelingue, ma il nostro lettore di certo non si accontenterà di questa misera informazione. Smentiamo allora categoricamente chi innalza i nomi di questi ex prigionieri cubani come vessillo della libertà civile e di stampa. Essi sono stati incarcerati poiché, per scrivere le loro menzogne, sono stati pagati da Stati esteri, specialmente dagli Stati Uniti d’America. Ebbene, questo reato è equiparato a tradimento in numerosi altri Paesi, anche quelli che secondo i benpensanti italiani ed europei sono “civili” e “democratici”, in primis proprio Spagna e Stati Uniti d’America. Non si capisce allora perché una legge così in taluni Stati è lecita mentre in altri è liberticida.
Al lettore più esigente ciò non basterà come garanzia della libertà di stampa e di parola a Cuba. Bene, portiamo altri due dati a favore della nostra tesi.
Sempre il “Granma” ogni venerdì pubblica una rubrica di lettere scritte dai cittadini. Molte di queste lettere sono di critica al sistema economico (!), a scelte del Governo o alla corruzione dilagante in taluni ambienti cubani, contro cui il Governo sta compiendo una lotta sovrumana. Numerosi sono poi articoli di esimi professori di Università o semplici giornalisti che criticano alcuni punti della società in cui vivono. Vogliamo poi tralasciare l’esempio più lampante? Il cantautore Silvio Rodriguez nelle sue canzoni (ascoltate dalla stragrande maggioranza dei cubani) è arrivato addirittura a criticare le nazionalizzazioni di massa degli anni ’60 e a chiedere riforme in seno alla Rivoluzione (la famosa frase “riforme, ma con i Castro”) eppure è libero, nessuno lo ha nemmeno minacciato.
Il lettore oramai sarà convinto della veridicità della nostra tesi o, per lo meno, sentirà il bisogno di informarsi su testi diversi da quelli propinati dalla stampa borghese.
Concludiamo con una nostra osservazione: come mai nessun premio viene dato ai giornalisti che in Messico, in Honduras, in Colombia e in tanti altri Paesi filo-americani lottano contro una dittatura palese o mascherata e che realmente rischiano la vita o muoiono per la propria professione o per le proprie idee? Sì, perché in questi Paesi vi è una vera mattanza di giornalisti o di dissidenti, ma l’unico che ne parla è la rivista “Latinoamerica”, di Gianni Minà. Quindi chiediamo ancora: perché di loro non si parla, perché non si criticano i Governi di questi Paesi e agli interessati non viene riconosciuto nemmeno l’ultimo dei premi sulla libertà di coscienza o di stampa?
Misteri della stampa borghese…

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