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lunedì 26 aprile 2010

29 Settembre 1943

Visto che siamo in tema di Resistenza vi propongo un breve racconto per un concorso. Visto che non sono tra i finalisti posso pubblicarlo in internet. Il racconto prende spunto dalla vita di mio nonno, arrestato dai fascisti perchè non volle aderire alla Repubblica di Salò e, in seguito, deportato in Germania. Il finale è di libera interpretazione...buona lettura^^

29 Settembre 1943

Accadde tutto molto in fretta. Eravamo in caserma, da poco era stato proclamato l’Armistizio.
Erano giorni di grande confusione, non sapevamo chi erano gli alleati e chi i nemici.
Se non ricordo male era il 25 Settembre quando i tedeschi e i fascisti entrarono nella caserma. Ci arrestarono tutti e ci portarono in un comando fascista. L’accusa era di tradimento.
Alcuni, i più opportunisti, si salvarono arruolandosi nelle Brigate Nere, altri, i più sfortunati (o fortunati, dipende dai punti di vista) vennero fucilati.
Poi ci siamo noi, i condannati al Limbo…ancora non sappiamo che fine faremo, sappiamo solo che ci troviamo in un campo nazista in Germania, in attesa di “giudizio”.
Ci trattano come bestie, vogliono farci credere che siamo bestie, ma forse è il contrario, forse le bestie sono loro. Uomini che non sono più uomini, automi che eseguono qualsiasi ordine venga dato loro.
Perché ci troviamo qui? Perché dobbiamo essere imprigionati, torturati, giustiziati per avere idee diverse da quelle di un altro uomo? Ci meritiamo davvero tutto questo solo per esserci opposti all’omologazione, solo per aver lottato?
La lotta. È necessaria la lotta per la liberazione dell’Italia. Una lotta fatta dagli italiani per la nostra Italia, senza interferenze straniere. Non dobbiamo diventare il protettorato di nessuno, siano Stati Uniti o Unione Sovietica. Entrambi non aspettano altro che mettere le mani sulla nostra Italia.
L’Italia, la nostra bella Italia. Roma, la madre dei popoli e della civiltà occidentale. Territorio violentato dai barbari fascisti, pallida imitazione di ciò che fu e che più non potrà essere.
Qui, in questo luogo, in mezzo al tutto e al niente, alla fine di ogni cosa il mio pensiero va all’Italia, mia patria e territorio natio.
Spero solo che, qualunque cosa succeda, questo diario non vada perso, ma venga conservato e letto da più persone possibile, per non dimenticare l’orrore che è stato, per vedere di cosa è capace l’odio, per partire da questi fatti e creare un mondo nuovo e migliore.
Sento dei passi e delle grida fuori la baracca. Arrivano.

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